Reati contro la famiglia

Reati contro la persona e la famiglia

Tutela del diritto di famiglia in sede penale

Strettamente collegata a tale materia è quella relativa alla tutela penale nel diritto di famiglia. Trattasi di un’attività particolarmente composita che va dalla predisposizione di atti difensivi, ad esempio denunce e/o querele, propedeutici all’attivazione di procedimenti penali volti all’accertamento dei più comuni delitti contro l’assistenza familiare e la persona disciplinati dal codice penale, quali a mero titolo esemplificativo: violazione degli obblighi di assistenza familiare, maltrattamenti in famiglia, ingiurie, lesioni, minacce ed atti persecutori (c.d. stalking), sino all’assistenza penale in udienza di coloro che, in qualità di persone offese dal reato, si costituiscono parte civile nel processo penale instaurato a carico dell’autore del reato, per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali, esistenziali e morali derivanti dall’illecito penale.

La tutela della vulnerabilità e il c.d. codice rosso del 2019

La L. 19 luglio 2019, n. 69 ha introdotto modifiche al codice di procedura penale volte a contrastare la violenza domestica e di genere, nell’intento di:

1) velocizzare l’instaurazione di procedimenti penali volti al perseguimento di taluni delitti commessi nel contesto delle relazioni affettive o familiari;

2) accelerare l’eventuale adozione di provvedimenti in protezione delle vittime.

Rapporto tra maltrattamenti (art. 572 cp.) e stalking (art. 612 bis cp.)

“In materia di rapporti tra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori di cui all’art. 612-bis cod. pen., comma 2, secondo un orientamento espresso da questa Corte ed al quale si intende aderire, è configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall’art. 612-bis cod. pen., comma 2) in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo, o comunque della sua attualità temporale. Con la precisazione che ciò può valere, in particolare, in caso di divorzio, ravvisandosi viceversa il reato di maltrattamenti in caso di condotta posta in essere in presenza di una separazione legale o di fatto che non vale a porre nel nulla i doveri di rispetto reciproco, assistenza morale e materiale, e di solidarietà nascenti dal rapporto coniugale e in presenza di una situazione, diffusamente richiamata nell’ordinanza impugnata, caratterizzata dalle reiterate e abituali sofferenze fisiche e morali inferte dall’indagato alla moglie e dallo status di vessazione psicologica che ne è scaturito”.

“Il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi è configurabile nell’ipotesi in cui i maltrattamenti siano posti in essere dal marito nei confronti dell’ex moglie, non rilevando in sé e per sé la durata della convivenza tra i due dopo il divorzio, quanto piuttosto l’esistenza di una stabile relazione affettiva tra l’imputato e la persona offesa, relazione che ha creato reciproco affidamento e aspettative di assistenza, protezione e solidarietà”.

Il confine normativo tra “induzione” alla prostituzione (art. 600 bis, I comma, c.p.) e atti sessuali a pagamento con minorenne (art. 600 bis, II comma, c.p.)

Cass. Sezioni Unite Penali, 14 aprile 2014, n. 16207

“La condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona di età compresa tra i quattordici ed i diciotto anni ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo e non del comma primo dell’art. 600-bis c.p., poiché la diversa condotta di induzione alla prostituzione minorile, di cui al comma primo dello stesso articolo, può riguardare anche l’attività di mercimonio esercitata nei confronti di un solo soggetto, purché terzo rispetto all’induttore”.

Reclutamento e favoreggiamento della prostituzione “volontariamente e consapevolmente esercitata”

Corte Cost., 7 giugno 2019, n. 141 (c.d. caso Tarantini)

Nell’ambito del noto caso Tarantini, la Corte d’Appello di Bari ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, co. 1, nn. 4) e 8), della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (c.d. Legge Merlin), nella parte in cui si attribuisce rilevanza penale alla condotta di reclutamento e favoreggiamento della prostituzione “volontariamente e consapevolmente esercitata”, ravvisando una possibile violazione del principio di offensività, considerato già nella sua dimensione di offensività “in astratto”. La Consulta ha ritenuto, tuttavia, non fondate le eccezioni in quanto “anche nell’attuale momento storico, quando pure non si sia al cospetto di vere e proprie forme di prostituzione forzata, la scelta di “vendere sesso” trova alla sua radice, nella larghissima maggioranza dei casi, fattori che condizionano e limitano la libertà di autodeterminazione dell’individuo”.

Prostituzione mediante contatto online

“In tema di prostituzione minorile, rientra nella nozione di prostituzione qualsivoglia attività sessuale posta in essere dietro corrispettivo di denaro, anche se priva del contatto fisico tra i due soggetti, i quali possono anche trovarsi in luogo diverso, essendo unicamente richiesta la possibilità per gli stessi di interagire”.

“In tema di atti sessuali con minorenne deve escludersi che le condotte poste in essere mediante comunicazione telematica presentino – per il solo fatto di svolgersi in assenza di contatto fisico con la vittima – connotazioni di minore lesività sulla sfera psichica del minore tali da rendere applicabile, in ogni caso, l’attenuante speciale prevista dall’art. 609quater, quarto comma, c.p. (imputato collegato via webcam – mediante uso di social network – con due bambine di 9 e di 11 anni, si era denudato e masturbato ed aveva indotto le minori a fare altrettanto)”.

“In tema di atti sessuali penalmente rilevanti, è configurabile l’ipotesi del tentativo quando, pure in mancanza di atti di contatto fisico tra imputato e persona offesa la condotta tenuta sia oggettivamente idonea a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale e denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali. Dunque, ove il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l’univoca intenzione dell’agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall’altro, l’oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione”.

Violenza sessuale

Cass. pen. 11 luglio 2007, n. 35625 la condotta vietata dall’art. 609-bis c.p. comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest’ultimo, sia finalizzato e idoneo a porre in pericolo la sua libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell’agente e neppure l’eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale.