Obbligazioni e contratti

Obbligazioni e contratti

Lo Studio Legale Golini offre assistenza e consulenza legale, in modo competente e professionale, nella negoziazione e redazione di contratti commerciali, sia tipici che atipici, quali ad esempio, a mero titolo esemplificativo, contratti di compravendita di materie prime e di prodotti, contratti di fornitura, condizioni generali di contratto, appalti privati di servizi, concessioni di vendita, contratti di trasporto, franchising, mandati.

Segue tutto il relativo contenzioso e, quindi, l’inadempimento, il recesso, la risoluzione, la riduzione del corrispettivo, l’impossibilità sopravvenuta, il risarcimento dei danni, assicurando, per ogni fase, una assistenza specializzata.

Le fonti delle obbligazioni

L’art. 1173 c.c. delinea un sistema “aperto” secondo cui le obbligazioni possono derivare, oltre che da contratto e da fatto illecito, anche da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità all’ordinamento giuridico.

Per contratto si intende l’accordo tra due o più parti diretto a regolare, costituire o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale (art. 1321 c.c.).

Il fatto illecito, invece, consiste in un fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto e che obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno in forza del generale principio del neminem laedere.

Infine, la locuzione “ogni altro atto o fatto idoneo a produrre obbligazioni” (c.d. tertium genus) costituisce una formula aperta idonea ad attribuire al sistema delle fonti di obbligazione il carattere dell’atipicità anche in ragione del richiamo all’ordinamento giuridico nel suo complesso.  A titolo esemplificativo, sono suscettibili di essere ricondotti a tale ampia formula ipotesi quali i fatti leciti e il contatto sociale.

La nozione di "contatto sociale"

Per contatto sociale deve intendersi un rapporto di fatto che nasce e si sviluppa a prescindere da una base negoziale e dal quale scaturiscono obblighi di comportamento diretti a tutelare gli interessi emersi in occasione del contatto stesso.

Numerose sono le ipotesi riconducibili alla responsabilità contrattuale da contatto sociale.

Si pensi all’esempio classico della responsabilità dell’insegnante, dipendente da istituto scolastico,

per il caso in cui un alunno cagioni lesioni alla propria persona.

Tra le ipotesi di responsabilità contrattuale da contatto sociale può, altresì, annoverarsi il pagamento, da parte della banca, di un assegno non trasferibile a persona diversa dal beneficiario indicato nel titolo.

La giurisprudenza ha fatto ricorso alla figura del contatto sociale anche per qualificare in termini contrattuali la responsabilità del mediatore immobiliare non mandatario.

Per quanto attiene, invece, alla natura della responsabilità precontrattuale, l’opinione tradizionale, che la qualifica in termini extracontrattuali per il fatto che il vincolo contrattuale non è ancora sorto, è stata messa in discussione da Cass. Civ., I, 12.07.2016, n. 14188, secondo cui la fase delle trattative costituisce un momento di contatto sociale qualificato durante il quale occorre aver riguardo al legittimo affidamento riposto da ciascuno dei partecipanti nei confronti dell’altro con la conseguenza che i comportamenti contrari a buona fede e correttezza danno luogo a responsabilità di natura contrattuale.

Il luogo dell’adempimento

Il secondo comma dell’art. 1182 c.c. dispone che l’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel luogo in cui la cosa si trovava al tempo in cui l’obbligazione è sorta. Se l’obbligazione ha ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, questa deve essere pagata al domicilio del creditore al momento della scadenza. Se tuttavia quest’ultimo è diverso da quello che questi aveva al momento in cui è nata l’obbligazione, e tale cambiamento sia stato comunicato al debitore, il debitore può scegliere di adempiere presso il proprio domicilio nel caso in cui tale cambiamento determini una maggiore gravosità dell’adempimento e previa comunicazione al creditore di volersi avvalere di tale facoltà. Per tutti gli altri casi non rientranti nelle categorie sopra esposte vale il criterio residuale in base al quale l’obbligazione va adempiuta al domicilio del debitore al momento della scadenza. In ogni caso, i criteri che il legislatore riferisce a singoli contratti – tra cui, ad es. quello previsto per la vendita dall’art. 1498 c.c. – prevalgono sui criteri generali di cui all’articolo 1182 c.c.

Il tempo dell’adempimento

Per quanto riguarda la determinazione del momento in cui la prestazione deve essere eseguita dal debitore, il dettato codicistico prevede che l’adempimento deve essere effettuato a richiesta del creditore (art. 1183 c.c.) o che, se è stato fissato un termine per l’adempimento, la prestazione divenga esigibile al momento della scadenza di tale termine (art. 1184 c.c.)

La quietanza e la prova dell’adempimento

L’art. 1199 c.c. sancisce il diritto del debitore al rilascio della quietanza da parte del creditore che riceve il pagamento; onere del soggetto che estingue l’obbligazione è tuttavia quello di farne richiesta e di sostenerne le spese necessarie al rilascio.

Le modalità di estinzione dell’obbligazione diverse dall’adempimento

Le obbligazioni si estinguono, di norma, con l’adempimento. Tuttavia il legislatore ha previsto altri

modi di estinzione del rapporto obbligatorio che si dividono in satisfattivi o non satisfattivi a seconda che l’interesse del creditore venga realizzato o meno.

Sono generalmente considerati modi di estinzione satisfattivi la compensazione e la confusione, a seguito delle quali il creditore consegue un risultato economico assimilabile a quello dell’adempimento.

Mentre, la natura non satisfattoria è, invece, riconosciuta alla novazione, alla remissione del debito e alla impossibilità sopravvenuta della prestazione.

L’inadempimento dell’obbligazione

Il legislatore dedica all’inadempimento delle obbligazioni gli artt. 1218 ss. c.c.

L’inadempimento può sostanziarsi:

  1. nella mancata esecuzione della prestazione dovuta (inadempimento assoluto);
  2. nell’inesatta esecuzione della prestazione dovuta: quest’ultima si configura quando il debitore pone in essere la prestazione in ritardo (inadempimento relativo) oppure quando esegue soltanto una parte della prestazione (inadempimento parziale) oppure ancora quando il debitore effettua una prestazione il cui contenuto non corrisponde a quello della prestazione dovuta (adempimento inesatto). Tale ultima ipotesi può aver luogo in presenza di un’inesattezza soggettiva (mancanza di legittimazione ad eseguire la prestazione ex art. 1180 c.c. o a riceverla ex artt. 1189 e 1190 c.c.), di un’inesattezza oggettiva (esecuzione di un comportamento differente rispetto a quello dedotto in obbligazione ex artt. 1178, 1192, 1197 c.c.), di un’inesattezza locativa (esecuzione di una prestazione in luogo diverso da quello previsto convenzionalmente o stabilito da legge) e, infine, di un’inesattezza cronologica (ritardo nell’esecuzione della prestazione).

La responsabilità da inadempimento

La responsabilità da inadempimento è comunemente definita come responsabilità contrattuale anche se, più propriamente, andrebbe definita come responsabilità derivante all’inadempimento di un’obbligazione, qualunque ne sia la fonte (contratto, promessa unilaterale, gestione di affari, etc.).

La dottrina più recente ha cercato di delineare la struttura della responsabilità da inadempimento alla stregua del modello usualmente utilizzato in tema di responsabilità aquiliana (art. 2043 c.c.).

Gli elementi costitutivi della responsabilità da inadempimento sono, pertanto:

  1. la condotta del debitore;
  2. l’evento lesivo;
  3. il nesso di causalità;
  4. l’elemento soggettivo;
  5. il danno da risarcire.

I rimedi esperibili dal creditore

Il legislatore predispone a tutela del creditore una pluralità di rimedi.

In via preliminare, il creditore potrà decidere di mettere in mora il debitore e accettare un adempimento tardivo.

Nel caso di persistente inadempimento del debitore e di sussistenza di un attuale interesse all’esecuzione della prestazione, il creditore potrà agire in via giudiziale esperendo l’azione di esatto adempimento (art. 1453, c. 1, c.c.) nonché agire coattivamente, ove possibile, con l’esecuzione forzata in forma specifica (artt. 2930 ss. c.c.).

Laddove il creditore non possa o non abbia più interesse a conseguire tardivamente la prestazione, potrà agire per la risoluzione del contratto (art. 1453 c.c.).

In ogni caso, il mezzo di tutela primario che l’ordinamento appresta al creditore a fronte dell’inadempimento della prestazione dovuta va ravvisato nell’obbligo del risarcimento del danno (art. 1218 c.c.) per responsabilità da inadempimento.

I negozi preparatori

Il contratto preliminare

Il contratto preliminare è una figura che limita l’autonomia negoziale delle parti implicando un obbligo di concludere un futuro contratto.
Il contratto preliminare si pone a tutti gli effetti come contratto distinto dal successivo definitivo ed è valido solo se contiene tutti gli elementi del futuro contratto.
La sostanziale differenza tra preliminare e definitivo risiede, quindi, nell’immediatezza degli effetti reali poiché il preliminare produce effetti obbligatori, mentre il definitivo produce effetti reali.

Questo strumento è estremamente diffuso e spesso indispensabile nell’odierna contrattazione, soprattutto nell’ambito del mercato immobiliare.

Nell’ambito dei trasferimenti immobiliari, infatti, l’utilità di tale strumento si manifesta nella separazione degli effetti obbligatori da quelli reali. In quest’ambito il contratto preliminare di vendita si rivela strumento particolarmente adatto per la contrattazione su immobili da costruire o in corso di costruzione.

La minuta costituisce un atto preparatorio del contratto finale nel senso che contiene intese solo provvisorie aventi, fondamentalmente, la funzione di documentare lo stato delle trattative ed eventualmente rilevanti ai soli fini della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c.
Essa può anche consistere nella prima stesura dell’atto contrattuale (cd. bozza) avente carattere provvisorio, da integrare (ed eventualmente correggere) in sede di stipulazione del contratto definitivo.

Il contratto preliminare, invece, si connota per il suo carattere di completezza anche alla luce del disposto di cui all’art. 2932 c.c., che prevede la possibilità di esecuzione in forma specifica di quanto statuito in sede di contratto preliminare

Cass. Civ., Sez. Un., 06.03.2015, n. 4628

Secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte, in presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex artt. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. Il giudice, deve ritenere produttivo di effetti l’accordo con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.

Aggiungono le Sezioni Unite che la violazione di un tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale.

La proposta irrevocabile

La proposta irrevocabile ex art. 1329 c.c. rientra nell’alveo dei negozi preparatori.

L’utilità di questo istituto si rinviene nella possibilità del destinatario della proposta di fruire di un lasso di tempo entro il quale decidere se concludere o meno l’affare, nella certezza che il proponente non potrà modificare medio tempore i termini della proposta effettuata.

L'opzione

L’opzione ex art. 1331 c.c., pur consistendo in un contratto preparatorio con il quale le parti predispongono il contenuto di un futuro regolamento contrattuale e convengono che una di esse (concedente) manterrà ferma la propria dichiarazione per un certo tempo mentre l’altra (opzionario) conserverà la libertà di accettarla o meno, nella pratica, si inserisce, sovente, quale clausola in complesse operazioni negoziali.

Ad esempio è molto frequente il leasing con patto di riscatto, ossia con opzione sull’acquisto del bene esercitabile entro il termine del leasing.

Altre volte l’opzione è prevista nella struttura di contratti tipici. Ad esempio, la vendita con riserva di gradimento, ex art. 1520 c.c., secondo l’opinione prevalente, si sostanzia in una opzione ed il contratto si riterrà perfezionerà solo nel momento in cui il compratore comunicherà alla controparte che la cosa è di suo gradimento.

La proposta irrevocabile è un negozio unilaterale e recettizio che produce effetti quando giunge a conoscenza del destinatario (artt. 1334-1335 c.c.).

L’opzione invece è un contratto, che si conclude secondo il noto schema proposta-accettazione.

Ne consegue che la proposta irrevocabile non può essere a titolo oneroso, mentre il patto di opzione può essere oneroso o gratuito, al pari di tutti i contratti.

Altra differenza con la proposta irrevocabile attiene alle conseguenze dell’accettazione difforme, che ricorre quando l’opzionario proponga al concedente di apportare modifiche al regolamento negoziale risultante dall’opzione. In caso il concedente non accetti tali modifiche, nulla impedisce all’opzionario, in un momento successivo, di accettare l’originaria dichiarazione, non verificandosi alcuna decadenza di sorta. Nel caso della proposta irrevocabile, invece, l’accettazione difforme equivale a controproposta e comporta la decadenza dell’oblato dal diritto potestativo di accettazione.

Il patto di prelazione

Altra figura riconducibile ai negozi preparatori è il patto di prelazione mediante cui un soggetto (promittente) attribuisce a un altro (prelazionario) il diritto di essere preferito a terzi, a parità di condizioni, ove il primo decida di concludere un determinato contratto.
Si ritiene che il patto di prelazione dia luogo ad un rapporto obbligatorio dal quale deriva, tuttavia, un vincolo precontrattuale meno intenso rispetto a quello derivante dal contratto preliminare o da quello derivante dal patto di opzione, poiché le parti restano libere di stipulare o meno il contratto e non assumono impegni riguardo il contenuto del medesimo. La limitazione, infatti, riguarda solo la scelta del contraente a parità di condizioni.

La responsabilità precontrattuale

Si è nel tempo discusso circa la natura da attribuirsi alla responsabilità precontrattuale, ovvero se la stessa debba essere considerata di natura contrattuale ex art. 1218 c.c. o, viceversa, extracontrattuale ex art. 2043 c.c.

Sul punto le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno precisato che non è necessario un atto negoziale (o, per meglio dire, il mancato adempimento di un obbligo di prestazione di natura negoziale) ai fini dell’affermazione della responsabilità contrattuale; quest’ultima, infatti, può basarsi su una relazione di vita produttiva di obblighi, la cui violazione è assimilabile a quella arrecata agli obblighi scaturenti dal contratto (Cass. Civ., S.U. 24906/2011).

Pertanto, è opinione prevalente che la c.d. culpa in contrahendo rientri nell’alveo della responsabilità contrattuale (con conseguente applicabilità del termine prescrizionale di 10 anni).

La responsabilità precontrattuale della P.A.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno precisato che spetta al giudice ordinario la giurisdizione delle cause aventi ad oggetto la lesione del legittimo affidamento riposto dalla persona fisica o giuridica nelle trattative intercorse con la Pubblica Amministrazione ai fini della stipulazione di un contratto di diritto privato; ciò a prescindere dalle ragioni che hanno determinato l’interruzione delle trattative stesse o il rifiuto dell’ente di addivenire alla stipulazione del contratto (Cass. Civ., Sez. Un., 27.04.2017, n. 10413).

Le obbligazioni pecuniarie

Le obbligazioni pecuniarie hanno ad oggetto una somma di denaro. Avendo ad oggetto la dazione di una determinata quantità di denaro tali obbligazioni vengono definite di valuta.

Il loro adempimento è disciplinato dall’art. 1277 c.c. il quale prescrive che la prestazione debba avvenire attraverso moneta avente corso legale nello Stato.

È tuttavia pacifico che le esigenze di circolazione della ricchezza abbiano imposto un temperamento di tale rigida formulazione, posto che, nella società moderna, l’uso del contante, oltre ad essere disincentivato da ripetute limitazioni normative, è stato largamente sostituito da altri mezzi di pagamento più celeri e sicuri, quali il bonifico, l’assegno circolare e l’assegno bancario. Tali mezzi, infatti, risultano ugualmente idonei ad attribuire al creditore l’utilità economica oggetto dell’obbligazione.

Il terzo comma dell’art. 1182 c.c., dispone che le obbligazioni pecuniarie debbano essere eseguite al domicilio del creditore al momento della scadenza dell’obbligazione. In questa accezione esse vengono definite portabili (portable), per distinguerle da quelle cosiddette chiedibili (querable). Queste ultime, ai sensi del quarto comma della medesima disposizione, devono, invece, essere adempiute presso il domicilio del debitore.

La riforma in materia di leasing

La L. 124 del 2017 (legge sulla concorrenza) ha tipizzato il leasing finanziario definendolo come il negozio con il quale una banca o altro intermediario finanziario si obbligano ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, il quale ne ottiene la detenzione per un dato tempo verso il pagamento di un corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione del bene e della durata del contratto.

Aree di attività

  1. Interpretazione e redazione di contratti tipici e atipici;
  2. gestione stragiudiziale e giudiziale dell’inadempimento contrattuale;
  3. nullità, annullamento, rescissione e risoluzione del contratto;
  4. risarcimento danni da inadempimento contrattuale;
  5. ogni questione relativa ad obbligazioni e contratti atipici e tipici (quali, a titolo esemplificativo, contratto di compravendita, locazione, affitto, appalto, contratto d’opera, trasporto, mandato, commissione, agenzia, mediazione, deposito, comodato, mutuo, contratti bancari, fideiussione, transazione)